domenica 8 dicembre 2013

I lavoratori nepalesi



Eccomi a Muscat, volo buono, sono moderatamente stanca, per me sono le 4 del mattino, ora locale 8. Dormicchio su una panca fono alle 10,30, poi vado a bere un cappuccino gigante, è il doppio dei nostri e costa il triplo, ma si sa che in aeroporto ti fregano sempre, ovunque nel mondo.
Dopo aver cercato invano di collegarmi al wi-fi (il problema è wind che non funzia, avrei dovuto comprarmi anche una scheda Vodafone, pazienza) mi avvio al gate 22. Di fianco a me,al gate 20 c’è una fila ordinatissima che mi colpisce subito. Tranne 4 o 5 tibetani gli altri sono tutti nepalesi e tutti uomini. Di bassa statura, scuri, stanchi, il capo n po’ chino e  sul viso  la stessa espressione triste. So chi sono, in giugno ho preso anch’io con il gruppo lo stesso volo per andare a Kathmanu e poi in Tibet, sono i manovali che vanno a lavorare negli emirati e in arabia saudita, sfruttati come schiavi vanno a svolgere i lavori più duri e pericolosi, tanti ci lasciano la pelle. Avevo parlato con uno di loro durante il volo e poi in Italia avevo anche letto un articolo sulla durissima e pericolosa vita di questi uomini. Poveri esseri umani che per vivere e aiutare la famiglia accettano lavori duri, senza protezione, senza diritti.   

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