Eccomi a Muscat, volo buono, sono moderatamente stanca, per me
sono le 4 del mattino, ora locale 8. Dormicchio su una panca fono alle 10,30,
poi vado a bere un cappuccino gigante, è il doppio dei nostri e costa il
triplo, ma si sa che in aeroporto ti fregano sempre, ovunque nel mondo.
Dopo aver cercato invano di collegarmi al wi-fi (il problema
è wind che non funzia, avrei dovuto comprarmi anche una scheda Vodafone,
pazienza) mi avvio al gate 22. Di fianco a me,al gate 20 c’è una fila
ordinatissima che mi colpisce subito. Tranne 4 o 5 tibetani gli altri sono
tutti nepalesi e tutti uomini. Di bassa statura, scuri, stanchi, il capo n po’
chino e sul viso la stessa espressione triste. So chi sono, in
giugno ho preso anch’io con il gruppo lo stesso volo per andare a Kathmanu e poi
in Tibet, sono i manovali che vanno a lavorare negli emirati e in arabia
saudita, sfruttati come schiavi vanno a svolgere i lavori più duri e
pericolosi, tanti ci lasciano la pelle. Avevo parlato con uno di loro durante
il volo e poi in Italia avevo anche letto un articolo sulla durissima e
pericolosa vita di questi uomini. Poveri esseri umani che per vivere e aiutare
la famiglia accettano lavori duri, senza protezione, senza diritti.
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