Ohi
ohi ohi. I viaggiatori veri scarseggiano, la stragrande maggioranza delle
persone che si incontrano in giro sono, per lo più turisti che pretendono di
avere tutto quello che hanno o che non hanno, ma vorrebbero avere a casa loro.
Già anni fa, con il turismo occidentale di massa si assisteva ad un grande
cambiamento, ma ora con l’arrivo dei russi, arroganti, irrispettosi, senza emozioni
mi sembra si sia toccato il fondo. Pensano che con i
soldi si possa avere tutto.
Non
voglio navigare nella tristezza, ma qualche commento lo devo fare.
I
tatuaggi:
Camminando
sulla spiaggia si incontra di tutto, i bambini sono bellissimi tutti, i giovani
mediamente anche ma è impressionante il numero di persone obese, sformate,
pance gigantesche portate con fatica. E’ raro vedere un corpo bello o brutto che sia senza
tatuaggi. Per differenziarsi dagli altri ora gli esseri umani sono tutti uguali.
Tatuaggi per lo più brutti, spesso orrendi che quando il corpo invecchierà di
più non oso pensare come si presenteranno.
L’Happy
hour:
Che
abbiamo rinominato unhappy hour.
Sulla
spiaggia proprio sotto all’ecomostro bianco c’è un bel bar, dove ogni tanto
vado a bere un buon cappuccino, hanno anche croissant deliziosi, per carità ben
venga, ma preferivo quando dovevo mangiare nuddles anche a colazione e la
Thailandia era la Thailandia, un paese diverso dal mio che mi interessava
conoscere.
Alle
17,30 scatta l‘Happy Hour annunciata da
una campanella. Mi guardo bene dal salire ‘a bere qualcosa’ , ma dalla spiaggia
ogni tanto mi diverto ad osservare chi va ‘a bere qualcosa’.
Sch,
tum tutum, sch, tum tutum una bella musica molto thailandese, bicchieroni di
ghiaccio e liquidi verdi, rossi,
giallini con cannucce intonate al colore
del contenuto. Lampade girevoli mandano bagliori multicolori sugli avventori
docciati e abbronzati. Finte chiacchiere, finto interesse, finti sorrisi. La
noia mi sembra regnare sovrana Evviva l’happy hour!
La
vergogna:
Ma
loro non si vergognano. Tanti maschi occidentali in età avanzata e spesso di
aspetto diciamo non gradevole, in
compagnia di giovani, giovanissime ragazze thailandesi. E sembra ne vadano
fieri, tutti tronfi! Non dico altro.
Il
contatto umano, la cosa più bella per un viaggiatore:
Difficile
ormai entrare in contatto con i Thailandesi, per loro siamo solo dei bancomat
per far soldi, hanno perso un po' la loro gentilezza e anche i loro sorrisi. La colpa
non è loro, ma nostra, anch’io al posto
loro sarei ultrastufa di essere trattata da schiava a casa mia. Tuttavia io,
sempre curiosa, ogni tanto ci provo.
Stamattina,
per esempio, ho fatto due chiacchiere
con uno dei ragazzi che lavorano nel bar. Sta all’ingresso a ricevere i clienti.
Sei nato qui? gli chiedo, no,dice, sono
del sud della Thailandia. Ah, dico, sei qui per lavorare, so che al sud ci sono
problemi politici da tempo, fai qui la stagione turistica? No, mi dice, sto qui
tutto l’anno, dove sono nato io ci sono attentati e bombe non si può vivere. La
mia fidanzata è venuta via con me, viviamo qui ora. Hai ancora parenti al sud? Gli
chiedo, sì, mi dice, mio padre. Intanto si gira good morning sir e consegna gli
asciugamani a un grassone che spende almeno 5000 bath a notte per avere una
stanza nell’ecomostro e di questo ragazzo, come di qualunque altro non sa
nulla, né gli interessa sapere. Basta che siano al suo servizio. Neanche un
grazie.
E' così. La razza umana è una specie in via di estinzione. Voglio sperare che noi non lo vedremo cadere, l'asteroide che ci distruggerà. Molti vecchi dinosauri sono morti prima, ignari, per cause naturali. Spero sarà così anche per noi e anche per quei bambini bellissimi che incontri sulle spiagge di Phuket. Ma la razza umana è condannata, e brinda al suo destino all'ora dell'aperitivo, con gli avambracci tatuati come i marinai nelle taverne del Mar Baltico. Siamo decadenti. Siamo una razza triste, che si fa del male e soffre del suo male, che ingurgita fino a scoppiare oppure muore di fame, che opprime o è oppressa, che teme o che detesta, che scappa e che respinge. Un tempo, quando tornavo dal mondo vero che stava fuori nel nostro finto mondo di plastica e mi sorprendevo a mettere le mani nude su una brioche a Fiumicino come le avevo messe poche ore prima su una focaccia cotta nella cenere sugli altipiani del Malawi, tra gli sguardi inorriditi dei grigi imprenditori della capitale in viaggio d'affari e delle loro segretarie in tailleur, pensavo che il mondo vero, quello delle cose che contano, delle cose essenziali, delle cose importanti, il mondo emaciato e sapiente del Mahatma Gandhi, fosse il grande mondo che stava fuori dalle nostre fragili cristallerie borghesi, urbane, europee, occidentali, dove soprattutto al ritorno dai miei viaggi mi muovevo con la grazia di un elefante. Oggi quello che scrivi mi rende triste, perché forse il mondo intero è diventato una cristalleria piena di futilità. E gli elefanti si sono tutti estinti. Ora tornerò a leggere LA STRADA INTERROTTA di Patrick Fermor e almeno con l'immaginazione mi rinchiuderò in quel mondo meraviglioso di colbacchi bulgari, di monasteri ortodossi, di contadini valacchi, di biblioteche odorose di cera, di cicogne sui comignoli, e di persone, soprattutto, di persone. Magari vestite strane, ma persone. Non pagliacci.
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