Partita al mattino
presto col taxi per arrivare a Pondy alla stazione, devo prendere un bus per
Tiruvannamalai. Il taxista che mi accompagna fa una strada diversa dal solito, facciamo
prima, mi dice, arriviamo all’imbocco dell’autostrada, vedo che si sbraccia e
parla con qualcuno, poi fa una rapida inversione a U (praticamente davanti ai
caselli) e mi dice quel bus va a Tiru, non posso crederci! Pago veloce il taxista
salgo sul bus che è fermo al casello per ME, le macchine dietro strombazzano,
ma l’autista non fa una piega. Insomma mi assicuro che sia davvero il bus per
Tiru e salgo. Ho risparmiato un’ora buona e sono già sul bus. Certo solo in
India (e forse a Napoli?) capita di salire
al casello dell’autostrada dove ovviamente non c’è nessuna fermata prevista.
L’autostrada dura
poco, dopo qualche km cominciamo a saltellare sulla strada perennemente in
manutenzione. 2 km di asfalto, 2 km di deviazione e strada sterrata, 2 km di buche altri 2 km di
asfalto e via di seguito, così per 3 ore, ma questo non è nulla ciò che
mi rintrona veramente è il clacson del bus che per tre ore suona
ininterrottamente: pep peppep peep pep pep peeeepep. Tutto ciò, unito all’odore di immondizia
bruciata, all'odore di fogna e all’odore di curry che ogni tanto arrivano con una folata di vento o di fumo e di polvere, mi accompagnano per tutto il viaggio.
Alle 9,30 sono nel
caos di Tiru, con un risciò cerco di andare all’ashram, ma sono ormai troppo a
mio agio in India che mi sono scordata il nome e l’indirizzo dell’ashram, a Tiru non
c’è un solo ashram, ce ne sono diversi. Un po’ di fatica poi finalmente trovo l’indirizzo
mail e risalgo al nome.
Giusto per la
cronaca: il costo del bus 3 ore di traballamenti è di IR 47.
Il tuc tuc che mi ha
portata dalla stazione dei bus all’ashram (3 km circa) voleva 200 IR dopo lunga
contrattazione presa per sfinimento ho pagato 150.
Alle 10,15
entro nella mia camera, la n: M33 essenziale ma sembra pulita, bagno con acqua
calda, meraviglia. Assisto alle prime puje, e alle 11,30, ora di pranzo, mi metto in coda
con un centinaio di persone. La grande sala è pronta una foglia di banano per
piatto e un bicchiere d’acqua. Tutti seduti ordinatamente e terra, si dà una
sciacquatina alla foglia di banano, giusto così per l’idea, poi passano
velocissimi con secchi di riso, di curry vari, un po’ di ceci, un pugno di un
dolce simile al pongal. Il cibo è buono, in 10 minuti siamo tutti serviti.
Ognuno mangia con le mani e in silenzio. Alle 12,30 dopo aver ripiegato la
foglia di banano, siamo già fuori.
Dopo un riposino
nella mia camera quasi pulita (ho dovuto cacciare un bel po di formichine dal
mio letto e ho messo a bagno un lenzuolo) Faccio due passi e mi fermo a bere un
caffè in un piccolissimo bar. Compare una matrona in sari, ma ha gli occhi
grigi ed è americana. Chiacchiero un po’ mi racconta la sua vita. E’ in India
da più di 30 anni, è qui che si sente la vita vera mi dice, non potrei stare in
America. Parla ovviamente il tamil ed ha ‘adottato’ un paio di ragazzini
indiani che arrivavano da famiglie disgraziate e la chiamano mamy.
Le faccio vedere il
mio piercing al naso, è troppo piccolo ed entra dentro, mi consiglia vivamente
di farlo togliere da un medico e di prenderne uno più grosso. E così
aspetto il medico mi faccio togliere il piercing, al momento non lo posso sostituire,
aspetterò. Pazienza
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