domenica 15 febbraio 2015

Viaggio verso Tiruvannamalai e primo giorno all'ashram



Partita al mattino presto col taxi per arrivare a Pondy alla stazione, devo prendere un bus per Tiruvannamalai. Il taxista che mi accompagna fa una strada diversa dal solito, facciamo prima, mi dice, arriviamo all’imbocco dell’autostrada, vedo che si sbraccia e parla con qualcuno, poi fa una rapida inversione a U (praticamente davanti ai caselli) e mi dice quel bus va a Tiru, non posso crederci! Pago veloce il taxista salgo sul bus che è fermo al casello per ME, le macchine dietro strombazzano, ma l’autista non fa una piega. Insomma mi assicuro che sia davvero il bus per Tiru e salgo. Ho risparmiato un’ora buona e sono già sul bus. Certo solo in India  (e forse a Napoli?) capita di salire al casello dell’autostrada dove ovviamente non c’è nessuna fermata prevista.
L’autostrada dura poco, dopo qualche km cominciamo a saltellare sulla strada perennemente in manutenzione. 2 km di asfalto, 2 km di deviazione e  strada sterrata, 2 km di buche altri 2 km di asfalto e via di seguito, così per 3 ore, ma questo non è nulla ciò che mi rintrona veramente è il clacson del bus che per tre ore  suona ininterrottamente: pep peppep peep pep pep peeeepep. Tutto ciò, unito  all’odore di immondizia bruciata, all'odore di fogna e all’odore di curry che ogni tanto arrivano con una folata di vento  o di fumo e di polvere, mi accompagnano per tutto il viaggio.
Alle 9,30 sono nel caos di Tiru, con un risciò cerco di andare all’ashram, ma sono ormai troppo a mio agio in India che  mi sono scordata  il nome e l’indirizzo dell’ashram, a Tiru non c’è un solo ashram, ce ne sono diversi. Un po’ di fatica poi finalmente trovo l’indirizzo mail e risalgo al nome.
Giusto per la cronaca: il costo del bus 3 ore di traballamenti è di IR 47.
Il tuc tuc che mi ha portata dalla stazione dei bus all’ashram (3 km circa) voleva 200 IR dopo lunga contrattazione presa per sfinimento ho pagato 150.
Alle 10,15 entro nella mia camera, la n: M33 essenziale ma sembra pulita, bagno con acqua calda, meraviglia. Assisto alle prime puje, e alle 11,30, ora di pranzo, mi metto in coda con un centinaio di persone. La grande sala è pronta una foglia di banano per piatto e un bicchiere d’acqua. Tutti seduti ordinatamente e terra, si dà una sciacquatina alla foglia di banano, giusto così per l’idea, poi passano velocissimi con secchi di riso, di curry vari, un po’ di ceci, un pugno di un dolce simile al pongal. Il cibo è buono, in 10 minuti siamo tutti serviti. Ognuno mangia con le mani e in silenzio. Alle 12,30 dopo aver ripiegato la foglia di banano, siamo già fuori.
Dopo un riposino nella mia camera quasi pulita (ho dovuto cacciare un bel po di formichine dal mio letto e ho messo a bagno un lenzuolo) Faccio due passi e mi fermo a bere un caffè in un piccolissimo bar. Compare una matrona in sari, ma ha gli occhi grigi ed è americana. Chiacchiero un po’ mi racconta la sua vita. E’ in India da più di 30 anni, è qui che si sente la vita vera mi dice, non potrei stare in America. Parla ovviamente il tamil ed ha ‘adottato’ un paio di ragazzini indiani che arrivavano da famiglie disgraziate e la chiamano mamy.
Le faccio vedere il mio piercing al naso, è troppo piccolo ed entra dentro, mi consiglia vivamente di farlo togliere da un medico e di prenderne uno più grosso. E così aspetto il medico mi faccio togliere il piercing, al momento non lo posso sostituire, aspetterò. Pazienza

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